"Educare i figli è un'impresa creativa, un'arte più che una scienza"
Bettelheim

22 gennaio 2018

IL PRESENTE E L'ATTESA

I bambini vivono nel presente. Qui e ora.Tutto e subito. Non perché siano "capricciosi", né "tirannici" o "viziati". Semplicemente perché sono bambini. Si tratta cioè di una caratteristica dovuta alla specifica fase di sviluppo.

Questo comporta una serie di conseguenze abbastanza impegnative per i genitori: la difficoltà di rimandare, di dire "no"o "dopo", l'impossibilità di convincere con ragionamenti e argomentazioni legate al futuro anche molto prossimo. Per esempio non possiamo convincere nostro figlio affamato a non mangiare ora perché dopo non avrà più fame per la cena. E' inutile provarci. Lui (o lei) ha fame ora. E ha bisogno di soddisfare ora il suo bisogno. Cosa accadrà fra un'ora non lo interessa minimamente. Né fra un'ora ha un qualche senso arrabbiarsi perché come previsto non ha più fame e non vuole cenare: "ecco te l'avevo detto! Lo vedi che ora non hai fame? Perché non mi dai mai retta?". Tutto questo per il bambino non ha senso. Ora non ha più fame. Semplicemente non può comprendere perché deve mangiare se non ha fame. Aveva fame prima. Ora non più. Ora vuole giocare e quindi alzarsi da tavola. Perché restare seduto se non ha fame? Che gli altri mangino pure. Lui ora vuole giocare. Gli esempi si moltiplicano in una giornata tipo.

Dunque? Lasciamo che facciano tutto ora? Mangiare ora, alzarsi da tavola ora, avere il gioco ora, avere l'attenzione del genitore ora? A volte questa è la strada intrapresa da alcuni genitori, più o meno consapevolmente. Ma il fatto che si tratti di un atteggiamento connesso fisiologicamente all'età non significa che vada assecondato. Loro sono i bambini, noi gli adulti. Loro i figli, noi i genitori. Sono loro che devono essere aiutati a crescere, non noi che dobbiamo tornare bambini (per quanto... a volte sarebbe bello!). E allora? Messa così diventa un bel rebus.

La chiave sta nel non voler convincere, ma semplicemente (si fa per dire!) nel decidere.

Il genitore sa se è opportuno mangiare ora o dopo, non il figlio. Pertanto il genitore dice si o no alle richieste del bambino sulla base della propria valutazione e non del desiderio immediato del figlio. Ovviamente la propria valutazione tiene conto dei bisogni del bambino, che sono cosa diversa dai desideri e dagli impulsi. E lo aiuta a tollerare l'inevitabile frustrazione, tollerando lui stesso la propria frustrazione nel dover affrontare tutta la scena che ne consegue.

Come già scrivevo nel post Benvenuta frustrazione (http://lartedieducare.blogspot.it/2017/05/benvenuta-frustrazione.html) questo è un passaggio non solo inevitabile ma necessario. Perché solo attraverso queste piccole e faticose frustrazioni quotidiane si cresce. Ossia si supera quella fase fisiologica  tutto e subito imparando, non solo cognitivamente, ma anche emotivamente il senso del dopo e del non si può. Diversamente il loro pensiero indubbiamente evolverà, ma non avranno maturato la capacità emotiva di tollerare la frustrazione col rischio di essere dei ragazzi e poi degli adulti impulsivi, egocentrici, aggressivi.

Come già dicevo a conclusione del post precedente, lasciamoli aspettare dunque, non forniamo loro tutto e subito, come pure ci chiedono, valutando nella nostra responsabilità di genitori cosa e e quando, senza spaventarci per le inevitabili crisi di rabbia. Anche quelle sono tutto e subito: dopo un minuto (o quasi...) è già tornato il sereno. 

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